Un'arte antica, capace di trasformare un cristallo grezzo in un caleidoscopio di riflessi scintillanti. Quando si parla di gemme, il taglio è un elemento fondamentale. La scelta della forma e dello stile è la chiave per mettere in luce – letteralmente – tutte le caratteristiche migliori della pietra preziosa, come colore, purezza, brillantezza.
Un'operazione che richiede capacità tecniche e gusto estetico in pari misura, seguendo linee codificate nella storia per valorizzare i vari tipi di gemme. È essenziale infatti scegliere il taglio che più si adatta alla forma del cristallo grezzo, per perdere il minor peso possibile e per mettere in risalto al meglio gli effetti ottici di rifrazione, riflessione e dispersione che donano alla pietra preziosa tutta la luce che può esprimere.
Esistono tradizionalmente due tipi di taglio e quattro forme nelle pietre tagliate,a cui si sono aggiunte nuove forme legate alla creatività espressiva garantita dalle innovazioni tecnologiche negli strumenti di taglio, come l'utilizzo del laser.
Il taglio brillante è dedicato per eccellenza ai diamanti di forma rotonda, tanto da diventare quasi un sinonimo per questa pietra preziosa: “un anello con brillante” fa subito pensare ad un diamante, giusto? È uno dei tagli classici: nella sua forma originaria risale alla fine del XV secolo, ad opera del tagliatore Vincenzo Peruzzi. Ma nella versione contemporanea c'è anche lo zampino della matematica: nel Novecento il belga Marcel Tolkowski – tagliatore di diamanti per tradizione familiare e ingegnere per formazione – studiò una serie di formule per definire in modo esatto le migliori proporzioni da dare alla sfaccettatura, così da accentuare al massimo la capacità del diamante di “giocare” con la luce.
Nel diamante il taglio brillante si applica a diverse forme, ovale, a goccia, a cuore, a navette. Alcuni diamanti molto celebri sono caratterizzati dalla forma a goccia: il Cullinan I, incastonato nello scettro dei reali di Gran Bretagna e ricavato dal più grande diamante grezzo mai ritrovato, così come il famoso diamante da 68 carati donato dall'attore Richard Burton alla moglie, la diva del cinema Elizabeth Taylor.
Il celeberrimo Koh-I-Noor è invece tagliato ad ovale, una forma che gli venne data nell’Ottocento: le prime testimonianze sulla “Montagna di luce” - questo il significato del nome - risalgono al XIII secolo, poi l’enorme gemma passò di mano infinite volte, di dinastia in dinastia, ammantata di leggende, fino a diventare proprietà della Regina Vittoria.
Il taglio a gradino è invece impiegata per pietre di forma quadrangolare, creando file di faccette disposte a scalinata (come fa intuire il nome). Derivano da qui il taglio smeraldo, il carrè, il taglio baguette. Il “taglio smeraldo” ha preso il nome proprio dalla preziosa pietra verde, perché ritenuto il migliore per valorizzarne luce e colore, e caratterizza molti gioielli del periodo Art Déco, nel quale questa forma ottenne grande popolarità.
I tagli a rosa derivano invece dal taglio a cabochon, il più antico di tutti. Prima che venisse scoperta la possibilità di creare le sfaccettature, infatti, tutte le gemme venivano arrotondate e levigate per ottenere una superficie convessa. Su questa forma di partenza, il taglio a rosa è strutturato con faccette triangolari.
Prima della creazione del taglio a brillante era molto usato per i diamanti: un esempio è il diamante donato dal conte Orlov a Caterina la Grande, poi incastonato nello scettro dei reali russi.
La famiglia dei tagli misti riunisce caratteristiche delle prime due famiglie, con “composizioni” di diverso tipo. Si tratta di tagli ideati in tempi abbastanza recenti: il più famoso è il taglio princess, creato negli anni Sessanta e diventato sempre più popolare grazie all'effetto di luminosità e brillantezza conferito dall'alto numero di faccette.